Coronavirus: ripartiamo dall’ABC della comunicazione
“Vivi la montagna a pieni polmoni.
C’è una zona bianca dove star bene è contagioso”
Pagina pubblicitaria delle località di Livigno e Bormio sul Corriere della Sera, 7 marzo 2020.
“Vi informiamo che a seguito della firma del decreto, a Livigno, così come nel resto della Lombardia, sono state adottate misure restrittive fino al 3 Aprile 2020.
SI INVITANO GLI OSPITI CHE ORA SI TROVANO A LIVIGNO, DI RIENTRARE AL PROPRIO DOMICILIO.
Scopri di più:”
Banner sul sito www.livigno.eu, 8 marzo 2020.
Questo è solo uno degli esempi di comunicazione che vediamo tutti i giorni da quando l’Italia ha iniziato ad affrontare l’emergenza Coronavirus. Potrei citarne tanti altri, come la pubblicità di Repower, che pur essendo di nobili intenti (inviare un messaggio positivo) ha un titolo discutibile: “Fatevi contagiare”.
Come ci sono anche gli esempi positivi (stavo scrivendo “casi” ma mi sono corretta), come il giornalista di Sky TG 24 che in diretta si corregge nell’uso della parola “virale” (in senso di comunicazione che si diffonde rapidamente) proprio mentre sta parlando del Coronavirus.
Oppure l’account Twitter di Zanichelli (@Zanichelli_ed) che propone approfondimenti sulle parole che riguardano l’epidemia e il virus, aiutando sia noi comunicatori, sia i tutti gli altri lettori a capirne di più.
Ma allora, cosa vuol dire comunicare in tempo di crisi?
Per me, significa riprendere l’ABC della comunicazione: spendere molto più tempo nella ricerca delle parole, pensare dieci volte in più prima di pubblicare una comunicazione scritta e, soprattutto, avere rispetto per le PERSONE che leggeranno il nostro messaggio.
A come attenzione nella scelta di ogni parola.
Se scriviamo la parola “contagioso”, quali sono le emozioni che si scateneranno nella mente del nostro lettore? È questa la domanda che dobbiamo porci prima di scegliere una parola. Siamo in un situazione di emergenza: le persone sono impaurite e confuse prima ancora di leggere qualsiasi cosa. Le parole che usiamo possono diminuire o aumentare questa paura e questa confusione. Scegliere quelle giuste non è semplice ma va fatto. Certo, una parola come “virale” può attirare l’attenzione del nostro lettore, ma l’emozione negativa resta. Anche se il nostro intento è quello di distrarre o di far pensare positivo.
Inoltre, scegliere attentamente le parole significa anche usare quelle giuste. Nessuno di noi comunicatori è uno scienziato e l’errore può capitare. Ma prima di scrivere un articolo o un post sui social cerchiamo di informarci il più possibile. Per esempio, capendo la differenza tra Coronavirus e Covid19 (la prima identifica il virus, la seconda è la malattia).
B come bravi a rileggere. Prima di pubblicare una comunicazione scritta, pensa 10 volte in più.
Abbiamo il nostro testo con le parole scelte una a una. Prima di pubblicare lo rileggiamo più volte e controlliamo che tutto sia a posto: le parole, il tono di voce, i contenuti, le immagini…
Ok, dovremmo farlo sempre, ma ora, in questa situazione di emergenza, facciamolo una, due volte in più.
Facciamo rileggere il testo ai nostri collaboratori o colleghi. Se possibile facciamolo rileggere a chi ha più competenze di noi sull’argomento.
Anche il più piccolo errore può avere ripercussioni gigantesche. Prestare più attenzione è necessario in fase di crisi.
C come considerare chi legge e avere rispetto.
Prima di pubblicare, proviamo a immedesimarci:
– nel nostro pubblico abituale;
– nel pubblico del mezzo di comunicazione che stiamo utilizzando;
– nelle persone che stanno affrontando l’emergenza in prima linea (es. i medici);
– nelle persone positive, malate o che hanno parenti in quarantena o deceduti.
Potenzialmente il nostro testo potrà essere visto da chiunque: dobbiamo avere essere certi di non ferire, di non allarmare, di non confondere nessuno. Dobbiamo informare e se lo vogliamo, infondere un po’ di ottimismo. Che ora è necessario più che mai.